Chi vuol fare l’amore con il Tempo?
31 luglio 2009
Tempo giace languido e aspetta. Non ama sterilità, non è mai stanco. Guarda con sospetto i sogni inventati solo per essere frustrati; si perde a testa in su partouze! partouze! di desideri appagati e non trattati come bambini mai nati, ché l’estremo amplesso non sia.
Tempo arriva da ieri, beve l’oggi e suda il domani in gocce di rugiada. E pensavo che se facessimo l’amore con lui, si moltiplicherebbe fino ad infinito, si leccherebbe il dito per assaggiare il vento e sarebbe decisamente più contento. E noi con lui.
Però adesso vado, in locomozione alternativa, almeno con l’immaginazione.
Ero io
29 luglio 2009
Appiccicata al muro in pietra; non sapevo che facevo; a mala pena sapevo quello che raccontavo. Ero io e le note di Philip Glass sulle quali mi stropicciavo scivolando spalle e schiena sul muro in pietra a inseguire il colore di un velo. Ero io e c’erano altri; muti a rappresentare noi stessi e non sapevamo che facevamo…Vibravamo in Philip Glass e nel suo caledoscopio di musica vetro diamante.
La memoria mi racconta storie che non so più e sono ancora mie.
Ero io che volevo ballare addosso alla bua.
Se pietra, se luce, se fossato, se bocca, se mani, se piedi, se bacio, se notte, se cappello enorme, se cappelo che non mi piace, se ragazzo col tamburrello, se voce, se amica, se stanchezza, troppa stanchezza per muovere gambe e piedi; se chilometri, se birra, se passo di taranta in un bar, se gente, se tavolino, se strada in salita verso la piazza centrale, se ragazze coi capelli corti, scegli la bionda o scegli la mora, ti piacerebbero entrambe; se timidi, se nascosti, se allegri, se vecchi, se nuovi; se vivi, balli.
E. Pietra, e luce, e fossato, e bocca, e mani, e piedi, e bacio, e notte, e cappello enorme, e cappelo che non mi piace, e ragazzo col tamburrello, e voce, e amica, e stanchezza, troppa stanchezza per muovere gambe e piedi; e chilometri, e birra, e passo di taranta in un bar, e gente, e tavolino, e strada in salita verso la piazza centrale, e ragazze coi capelli corti, scegli la bruna o scegli la mora, ti piacerebbero entrambe; e timidi, e nascosti, e allegri, e vecchi, e nuovi; se vivi, balli e se balli, vivi.
(Ieri era ero qui.)
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Oniric highway
27 luglio 2009
Un Charlie Chaplin in porcel’annala; movimento statuario in un inchino, corpo spaccato in cocci senza dolore solo per dura opposizione. Arrabbiato giullare si ribella, brucia. Brucia il volto per metà, solo perché stia lì davanti a tutti verità indiscussa di quello che è; la finzione giace spiattellata inerme sul pubblico senza lasciare macchie.
Brucia una delle pareti colorate; corro, acqua sul fuoco, nuvola, la casa è salva, ma con una parete color fumo nero.
Il vero compito di un’opera è quello di permettere ad amici come noi di bruciare le tappe. Ci conosciamo da sempre. (…) Canta, balla, ridi e vivi intensamente ogni giorno della tua vita prima che l’opera finisca priva di applausi. Credo nel potere del riso e delle lacrime come antidoto all’odio e al terrore. (*)
Credo e confesso al mio dio onnipotente: è probabile, ho paura; inusitato nonsense.
Donne in frotte da chissà dove ad abitarmi la casa, di cui mi rimane ormai un possesso talmente parcellizzato da svuotarmi lo stomaco: ancora reclusa in una sola stanza e dover dividere tutto il resto e plasmarmi in un adattamento che adesso fa solo male: non è più tempo. Mi aggrappo ad una ringhiera per protestare senza ringhiare: la rabbia passa attraverso una domanda che non avrà risposta e non andava fatta. Forse avrei dovuto salire le scale e crescere alla svelta di nuovo. Ma con maggiore convinzione.
Forse dovrei salire le scale e crescere alla svelta di nuovo. Ma con maggiore convinzione.
Forse stavolta sto chiedendo un rettilineo; o qualcosa di simile.
Guido dal lato del passeggero e me ne accorgo quasi all’improvviso, in curva, su un lungomare che non amo. Romeo va, ma il posto guida è vuoto…Spalanco gli occhi e passo sul sedile del guidatore, il mio…Ma lo sportello è aperto…Chiudilo…Ma non ho la cintura di sicurezza…Indossala…Mi salvo da uno schianto con un’inversione ad U e ferma sul ciglio della strada sono barricata, senza grappa…Salva ma la macchina non è più mia: sequestrata, la cerco un po’ disperata…
Auto no mia.
Se nel sonno la coscienza si addormenta, nel sogno l’esistenza si sveglia. (**)
Mistero buffo, l’amore prende fiato e verbalizza in grammellot.
* Charlie Chaplin
** Michel Foucault
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Citta, angeli e demoni
24 luglio 2009
Ho fatto la mia dichiarazione al mare, gli ho sussurrato “ti amo” ridendo da sola e tutti i pesci, i molluschi, pure il plancton e i salipci, tutti hanno sentito. Potevo come chiunque può: è immenso apposta, quel blu spumoso.
Il sole stava tramontando, entrava anche lui nel mare; in acqua non c’era ormai più nessuno…C’eravamo solo io e red sun.
Nei prossimi due giorni pullulerà di gente e schiamazzi, schizzi e sollazzi.
Non se la prenderà se io vado in città.
I demoni dormono su stuoie di gomma pane.
Citta vritti.
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L’ipocrita? Chiamalo Giasone
23 luglio 2009
Il passaggio al limite da Vladimir Luxuria e la Medea di Euripide interpretata da Mariangela Melato rende flaccido l’incontro del comitato pari opportunità per contesto e per intenti troppo condizionati dall’oligopolio dei dinosauri incollati alle grandi sedie in pelle. Un contentino.
(A.D 2007. Sottotitolo: post che non scadono mai e anche della Melato mi innamorai)
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Politìk, mica solo in Italì
23 luglio 2009
Se tutto va bene siamo rovinati; se tutto va male, pure.
Poi non venite a dirmi che l’indeterminatezza regna sovrana.
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LiVidi addosso. Verde oliva
22 luglio 2009
L’astrusa storia di quello che non senti e poi vedi e di quello che senti ma lascia solo una macchia appena visibile sotto pelle.
L’ascia, la scia…
“Sono così. Poi cambio. Prendere o lasciare.”
“Lascio.”
Lascia… L’ascia. La scia.
Accadueò stamattina, seguendo il corso di pensieri che mi hanno portato fino a lei che. Rosso pallido, ossa e lentiggini in vista, sonno pesante, naso assottigliato da mollette di legno, parentela arrampicata su un ramo nascosto, un po’ più in là; capelli, i miei e i suoi, spazzolati con insolita buffa determinazione; il suo amore addosso, senza vizi e senza inutili sollazzi; senza troppe domande e senza risposte, troppo piccola per soffermarmi sulle domande giuste, la vivevo e basta e ormai è troppo tardi per avere le virgolette aperte e chiuse a contenere parola parlata dentro; e nessuno la racconta. Che sia adesso lei ad aspettarmi da qualche parte? Mentre io mi accorgo ad intervalli regolari che una fettina piccola di me piccola è ancora congelata in un bozzolo caldo sul sedile verdediafanospedale di un corridoio verdediafanospedale fuori da una stanza presumibilmente verdediafanospedale, in cui non ho avuto il coraggio di entrare per non scoppiare in lacrime. Pirla. Troppi globuli bianchi, Fin’ella…
…
E dire che avevo sentito un dolore atroce sbattendo il malleolo contro lo spigolo della cassetta degli attrezzi di Mimmolidraulico.
Porcaputtana, pigolo.
Toh, ecco il nome per un altro nano: Pigolo…
Nano…onan, conan, con an…Onan, quello del coitus interruptus che mica era un segaiolo; Conan il barbaro (heroic fantasy)…Monnaliso, giocoliera con le parole; anzi par0le, ché sono di Beri…o giù di lì.
Boh.
Vado a comprare dei punti interrogativi: farò delle domande a chi può ancora raccontarmi vecchie storie color seppia-bianco-e-nero…
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Più o meno ce n’è stata una (o uno) nella vita di ciascuno.
Nella mia pur breve carriera ho avuto modo di lavorare gomito a gomito con un sacco di persone. Molte adorabili. E molti casi clinici. Una tra tutte, un omone di donna con voce roca, accanita fumatrice dalle sintetiche maglie in pile per una stagionatura conturbante di sudore ascellare da tensione in vista della (preannunciatissima) visita dei Revisori dei Conti, quelli che ormai non fanno paura più a nessuno. Mi fumava nervosamente sotto il naso durante le operazioni di chiusura di bilancio; con mani tremanti faceva click sul mouse dopo l’ennesima febbrile tirata; boccate di fumo disperate; panico per un rigo rosso di spareggio; euforia psicotica per il pareggio finale verde fosforescente…Con un programma di contabilità talmente user friendly che ci potevi fare i pic nic insieme al lago. Il resto è storia. Magari un giorno ve la racconto.
Qui.
Qui le dinamiche sono diverse.
In linea di massima, non ci sono dinamiche.
Per dare l’idea che tu stia lavorando può essere sufficiente sbuffare, parecchio; anche – per dire – quando ti squilla il cellulare (suoneria on&up, obviously) o quando devi alzare il culo dalla sedia per andare al cesso.
E questa è lei.
Muove uno, due, tre fogli, poi basta ché è già assai; sovrasatura la scrivania di cartelline inutili e cartacce scarabocchiate a matita per dare l’idea di un sovraccarico di lavoro a cui qualcuno paradossalmente pare dar credito; guarda l’orologio al polso, stampa e stampa, guarda l’orologio a muro; sbuffa, si avvicina alla finestra; va di là a reclamare la puntantina al bar per il brunch; fa un passo avanti, due indietro, ma con fatica…Per una lettera due/tre giorni; per cancellare una colonna in un file excel ancora non so..L’ultima volta che ne abbiamo parlato è stato l’anno scorso.
E vabbé.
Disegnata ed introiettata la linea di demarcazione; capito il genere; catalogata la specie, pure una rompicoglioni come me se ne fa una ragione.
Lo ammetto, magari esordire con un “Ma guarda che se tu dici che gli asini sono viola e volano alti nel cielo non è che diventa vero; nè io ci credo”, non ha facilitato le cose. Però la sua espressione imbambolata e mezza sbigottita rimarrà a futura memoria (la mia) quando tra me e me dovrò per l’ennesima volta accartocciare la rabbia, farne una pallottola con cui tentare canestro in un cestino pilota e continuare imperterrita a nuotare contro corrente nonostante tutto.
Fatica.
Co’ sta’ capa ross ca’ teng (cito mia zia zitella, anni settandadue, che apostrofa la nipotina a digestione di fave e zucchine ormai avvenuta.)
E buona notte al secchio.
Guardo la luna nel pozzo.
Musica? **
** Estemporanemante ed arbitrariamente “copiata”, “rubata”, praticamente presa in prestito e restituita come nuova, ma con la milionesimavattelapescatrentachissaché impronta da/a Dasp (a Cesare quel che è di Cesare :-) )
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Chi mi presta un disco orario?
20 luglio 2009
Perché io avrei pensato di fare così: ogni giorno un po’, in una fascia oraria da definire, che so…tipo…dalle dodicieventisette all’unaequarantatrè amo. E tutto il resto del tempo, ciccia.
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I bambini questi sconosciuti e i regali, quelli inaspettati
17 luglio 2009
Martina ha occhi azzurro bottiglia poggiata nel mare che illuminano la carnagione brunita dal sole; labbra di bambina spessissimo si dischiudono in un sorriso che non sarà mai uno spreco ecologico nonostante faccia luce per un raggio di chilometri.
Lei è alta un metro meno un soffio e si racconta tutta o quanto meno quello che adesso sa.
Sai? Oggi vado al mare con mio cugino. E tu, tu ci vai al mare?
Ieri mi ha visto non appena ho varcato il cancelletto di casa con la mia borsa di tela della spesa a tracolla e ha cominciato a correre nel suo vestitino fucsia coi volant; i suoi diamantini blu si vedevano da lontano.
Ed io che pensavo Ma dove andrà?
Poi ha allargato le braccia.
Ed io che pensavo Ma che farà?
Come quando…
Come quando a Lecce dopo venti giorni di studio torrido come mai, fitto fitto fino alle due del mattino e poi il trillo della sveglia solo tre ore dopo; lieve beneficio il fazzoletto bagnato intorno alla fronte, dopo un paio di minuti Libeccio l’aveva già inaridito. Disperatamente incollata ad un libro che pareva un vocabolario coi mille e più fogli sottili e noticine a tergo da mandar giù insieme a tutto il resto.
Come quando il Capo Bianco disse “Trenta” ed io non reagii ed io non capii e lui mi guardava incredulo e poi mi disse Signorina, ma non è contenta? ed io mi voltai stordita a cercare una signorina dietro di me che non c’era…e poi risposi imbarazzata mettendo una x da qualche parte nella mia mente per la figura di merda numero vattelapesca.
Come allora una parte di me ha percepito quella sinapsi che comandava di voltarsi, ma non le ha dato seguito: son stata lì con lo sguardo davanti a me continuando a procedere verso il portone, finalmente incappando nell’abbraccio di Martina abbarbicata entusiasta alle mie gambe. E me la son goduta – carpe diem – oggi le va così, domani chissà.
Lo sai che sono riuscita ad avere l’autografo del cantante, poi?
Ma che brava, sei contenta allora?
Sì.
Lei è contenta nel suo mondo, quel mondo che non è intaccato dallo sguardo burbero di un padre un po’ così e dal broncio dei fratelli; quel mondo in cui scorazza col suo vestito fucsia e la piccola bicicletta senza rotelle.
I bambini non sono di nessuno.
Loro ti scelgono e tu sei fottuto.
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:-*** Baciuzzzzzi.